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Guerra e Pace – Stagione 3, Episodio 3: Le noie dei traslochi con i nemici alle porte

Abbiamo lasciato l’esercito russo nei postumi della battaglia di Borodinò dove aveva un po’ perso un po’ vinto…o meglio ha perso ma in modo meno disonorevole del previsto mentre i francesi hanno vinto ma in modo più pietoso del solito. 

Eppure dopo quello scontro i russi non avevano potuto fare altro che indietreggiare su tutti i fronti trovandosi  alla fine dell’estate del 1812 di fronte al dilemma dei dilemmi: abbandonare Mosca o restare in città e resistere all’invasore francese.

Per il comandante supremo Kutuzov non ci sono dubbi, la città va abbandonata, ma fra i generali c’è titubanza e in  particolare il suo rivale Bennigsen sostiene l’alternativa patriottica di non lasciare la “sacra e vetusta Mosca”. In realtà pure i termosifoni sanno che la città è indifendibile e che sarebbe un massacro, d’altronde l’unica ragione per cui Bennigsen si oppone alla fuga è mera tattica politica, visto che per lui è un win win: se l’esercito resta e vince si dirà che Bennigsen aveva sempre sostenuto di resistere; se l’esercito perde si darà comunque la colpa al comandante; e se Kutuzov deciderà di lasciare il campo, l’onta della ritirata cadrà su di lui. Kutuzov ne è consapevole, il consiglio di guerra improvvisato in casa d’un contadino comincia ad andare in loop finché il comandante decide di tagliare la testa al toro e annunciare che sì, Mosca verrà ufficialmente lasciata a Napoleone. E d’altronde i Moscoviti, era da un pezzo che avevano iniziato a fare i bagagli.

Mentre le sorti della Russia sono appese ad un filo, Elena Bezuchov è alle prese con una faccenda ben più seria ed irrimandabile… non sa chi scegliere fra due nuovi spasimanti che le fanno il filo, se il vecchio Dignitario di Stato o il Principe Straniero. Tutto questo senza contare il piccolo insignificante problemino problemuccio di essere ancora sposata con Pierre. Quando, frustrata dall’inghippo, dice al Principe Straniero di non capire che senso abbiano “le leggi e le religioni” se non possono soddisfare i suoi porci comodi, ecco che lo spasimante ha il colpo di genio: se la tua religione non ti permette di divorziare, perché non provi la mia?

E così, una citofonata ai gesuiti, un caffè col suo futuro padre confessore, uno spiffero di vento che viene interpretato come “grazia divina”, ed ecco che Elena si converte al cattolicesimo ricevendo il kit base, contenente un crocefisso, un rosario e un panetto di plastilina per allenarsi a fare le ostie. Confrontatasi con l’abate riguardo alla sua situazione, quello le dice che il vincolo con Pierre è inscindibile ma siccome il conte Bezuchov non era un vero credente, allora Elena potrebbe lasciarlo a patto di unirsi con qualcuno con cui produrre dei pargoli; Elena già stufa di tutte queste clausole, tira dritto “ma non facciamo prima a dire che mi sono sposata con la religione tarocca e ora che faccio parte dell’unica vera Chiesa ™  ,quel matrimonio non vale più?”. Elena capisce che tanta resistenza da parte degli uomini di chiesa deriva non tanto dalla questione religiosa quanto dal timore del giudizio in società, così decide di sfruttare le sue doti di social media manager (e di emissaria delle tenebre) per spostare la narrazione a suo vantaggio: dice a entrambi gli spasimanti che solo sposandola potranno averla e poi rigira la frittata con tutta l’alta società pietroburghese dicendo di essere indecisa perché entrambi i suoi spasimanti le hanno fatto la proposta. E del fatto che fosse ancora sposata? Beh nessuno ne parla più quindi tutti danno per scontato che la cosa sia già risolta accademicamente e quasi nessuno osa manifestare dubbi in pubblico per non passare per ignorante (a parte Maria Dmitrievna che con la solita compostezza le dice in pubblico che non è la prima a tentare questi magheggi, essendo cose all’ordine del giorno… nei bordelli).

Preparato il terreno non resta che decidere quale dei due spasimanti accettare e qui interviene il lesto amico Bilibin che le dice in breve “sposati il vecchio dignitario di Stato e quando muore ti sposi anche il principe”. Facile. Pulito. Elena scrive a Pierre dicendogli di essere diventata cattolica e chiedendogli di lasciarla libera di risposarsi, ma la lettera giunge proprio quando il marito si trovava a Borodinò.

Elena e la sua assenza di secondi fini

Eh già perchè Pierre lo avevamo lasciato sul campo fra gli schioppi di fucile e le palle da cannone senza una meta precisa. In qualche modo Bezuchov riesce a salvarsi e a fuggire da Borodinò, non senza prima aver saputo che sia Anatolio (il cognato dalla morale dubbia) che Andrea (il suo migliore amico) erano morti in battaglia (si, Tolstoj droppa questa rivelazione con nonchalance in due righe, ho dovuto chiudere il libro per assorbire il colpo). Ritornando a Mosca tutto d’un pezzo ma con una consistente sindrome post traumatica da stress, sogna  l’ormai defunto benefattore che ai tempi lo aveva fatto entrare nella massoneria, un’allucinazione onirica in cui il vecchio amico gli rivela profonde verità quali “chi non teme la morte possiede tutto” “il dolore insegna all’uomo i propri limiti” e “chi non muore si rivede”.

Ma l’arrivo in città non lo toglie dagli impicci, perfetti sconosciuti gli chiedono se è vera “la storia di sua moglie” di cui Pierre non sa nulla, molti altri gli chiedono udienza per questioni d’affari di cui non capisce nulla e così di punto in bianco, lascia la casa e sparisce nella nebbia.

Insomma tutti confermano le loro tendenze naturali, Elena manipola chi gli sta intorno a proprio uso e consumo, Pierre si muove tra le pagine della storia senza capire che ruolo giocare e così, come poteva la famiglia Rostov non dare prova della propria sistematica inconcludenza anche all’alba dell’invasione di Mosca? Agosto volge al termine e i Rostov sono ancora a fare i pacchi con la Contessa che mira a partire prima dell’arrivo dei francesi per costringere il figlio minore Petja (già entrato nell’esercito) a fargli da guardia del corpo piuttosto che morire per le strade della città. Nicola non è pervenuto ma ha raccontato per lettera ai famigliari dell’incontro con la ex cognata Maria, notizia alla quale la Contessa aveva commentato “ah lei SI che sarebbe una moglie perfetta” detto di fronte alla nipote Sonia futura sposa del figlio. Quando finalmente libri vestiti e mobilio sono caricati e legati sui carri, ecco che Natsciaa adocchia i feriti che tornano dal fronte in condizioni pietose e si offre di ospitarli nel palazzo di famiglia chiedendo di sfuggita il permesso ai genitori, ognuno dei quali è così disperso nel proprio stato personale di rincoglionimento da non darsi conto che hanno per casa gente bendata e sanguinante. Tra i feriti ovviamente c’è anche – rullo di tamburi – Andrea! Plot twist! Dannato Tolstoj mi avevi fatto prendere un colpo. In ogni caso Andrea è morente (di nuovo) quindi è imprevedibile che fine farà. A questo punto comincia un teatrino dell’assurdo perché un ufficiale ferito chiede al conte Ilja Andreic Rostov se per caso può trovare un posticino su uno dei suoi carri per lasciare Mosca, e a risposta positiva ecco che anche gli altri chiedono un passaggio; mosso da pietà il Conte comincia a ordinare di togliere i bagagli superflui per far posto ai feriti ed ecco che si riprende a svuotare le carrette appena sistemate, la Contessa lo viene a sapere e fa un cazziatone al marito che sacrifica il patrimonio familiare per dei feriti random ai quali dovrebbe pensare lo stato; poi così totalmente a caso, spunta pure Berg, il genero opportunista, che gli chiede un domestico per comprare e portarsi a casa una carinissima specchiera che ha trovato in sconto (giuro eh, il tempismo di Berg è calibrato sul calendario di Plutone); il conte Ilja non ce la fa più e manda tutti a cagare sbattendo le porte. La situazione resta sospesa con i carri per metà carichi di feriti e per metà di suppellettili, finché non interviene la piccola Natascia che prende a parole la madre trattandola da meschina materialista, facendola riempire di doverosa vergogna e sbloccando la situazione: giù gli oggetti, su i feriti. La carovana della croce rossa si mette finalmente in viaggio. 

Berg che tenta inutilmente di farsi passare per un essere umano decente

Natascia che ancora non sa che fra quelle carrozze giace incosciente il suo ex, Andrea, affacciandosi dal finestrino scorge un gigantesco cocchiere a passeggio con un vecchio signore in abiti distinti: “Pierre??!” il cocchiere si gira e nell’incredulità di tutti si scopre che sì, è proprio lui, il conte Bezuchov che si aggira per le strade di Mosca sotto mentite spoglie col suo domestico vestito da signore. Natascia lo saluta sprizzando affetto e dicendo di voler restare in città con lui, ma Pierre risponde in modo vago e sconnesso (tanto per cambiare) senza osare guardarla dritta negli occhi. La carrozza si allontana e Pierre resta in città travestito e con una pistola ottenuta illegalmente per ragioni non ancora meglio chiarite.

Parteciperà alla resistenza urbana contro i francesi o si trasferirà nel vecchio west per diventare un pistolero? Lo scopriremo nel prossimo episodio.

Citazioni:

  • “Ma ditemi, vostro marito come vede la questione? Sarà d’accordo?”
  • “Ah! Mi ama tanto!” disse Elena, a cui pareva, chissà perché, che anche Pierre l’amasse “farà qualsiasi cosa per me!”
  • “Persino il divorzio” proferì Bilibin. Elena scoppiò a ridere

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  • “Mammina, ma via: che ce ne importa, a noialtri, della roba che ci portiamo dietro: date un’occhiata a quello che sta succedendo in cortile!
  • ”Ah, ma fate un po’ come volete! Impedisco forse qualcosa a qualcuno?”
  • “Le uova… le uova fanno scuola alla gallina…” proferì il conte versando lacrime di gioia

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