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Guerra e Pace – Episodio 4: i bagni di umiltà del principe Andrea

Dopo mesi e mesi di pausa, così tanti che si potrebbe quasi parlare di “anni”, ho ripreso Guerra e Pace con l’obiettivo militare (è il caso di dirlo) di affrontarlo con costanza. Niente più distrazioni… “a dopo” sensuali thriller estivi, “mi faccio sentire io” cari fantasy contemporanei, “ti scrivo quando posso” ammiccante libro sul comò. E’ tempo di Guerra e Pace.

O meglio… di Guerra.

Eh sì, perché finalmente, dopo esserci districati tra salotti, gossip ed eredità, Tolstoj ci cala direttamente sul campo di battaglia e lo fa nel modo più russo possibile, il peggiore: introducendo una ventina di nuovi personaggi a volte individuati solo per il grado militare, presentandoli come se li conoscessimo da sempre. 

Ottobre 1805, Austria, le truppe russe si trovano accampate intorno alla fortezza di Branau, quartier generale di Kutusov (aspetta… chi?)

Uno dei reggimenti di fanteria è in fermento perché è girata voce che il Generalissimo (ah ecco chi è Kutusov) sarebbe passato in rivista, e così nel dubbio il comandante ha dato ordine ai soldati di tirarsi a lucido con tanto di uniforme di parata per fare bella figura. Neanche il tempo di complimentarsi con se stesso, che il comandante riceve un chiarimento da un aiutante di campo venuto dal quartier generale: il mega capo supremo Kutusov (a questo punto sento l’esigenza di inventare gradi militari) aveva ricevuto l’ordine di unire le sue truppe a quelle austriache dell’arciduca Ferdinando e del generale Mack, ma era contrarissimo all’idea quindi il suo obiettivo era passare in rassegna il reggimento per mostrare agli austriaci in che stato pietoso si trovassero le forze russe. Seguono grandi momenti di “comicità al fronte” col comandante del reggimento furibondo che ordina a tutti di rivestirsi di nuovo come dei morti di fame e che litiga con il capitano della 3° compagnia, Timochin (segni particolari: ubriacone) per un tale Dolocov, che lo stesso comandante aveva degradato e che per ripicca andava in giro con un cappotto turchino, perché se devi portare addosso l’infamia di essere stato declassato tanto vale farlo come una vera fata.

Finalmente il super comandantissimo Kutusov giunge al reggimento, seguito da un generale austriaco (testimone delle condizioni di indigenza dell’esercito russo) e dal nostro magico e fan-favourite Andrea aka Principe Bolknonskij aka “che bella la vita militare, quanto odio mia moglie”. Con gran felicità del comandante X (tanto inutile che Tolstoj da un nome a tutti tranne che a lui) Kutusov resta soddisfatto, c’è un momento “Carramba” con lui che riconosce l’ubriacone Timochin come un vecchio compagno d’armi in Turchia, mentre Dolocov -il degradato turchino con sospette tendenze sociopatiche- annuncia ufficialmente di voler riabilitare il suo nome a qualsiasi costo . Gioia e gaudio nel reggimento.

Sua supremazia altissima Kutusov e il generale austriaco Whatever intrattengono quindi un cortese e privato scambio di reciproci vaffanculo accompagnati da caldi sorrisi, il primo dicendo che sarebbe CON-TEN-TIS-SI-MO di cedere il comando del suo esercito all’arciduca Ferdinando come chiesto dall’imperatore Francesco, però “signora mia come si fa?” L’altro rispondendo che tanta indecisione non si addice alla fama internazionale dell’esercito russo come “best supporting character” di sempre, cui Kutusov risponde con stoccata finale chiedendo ironicamente che bisogno c’è di unire gli eserciti se tanto il generale austriaco Mack ha riportato una vittoria schiacciante sul nemico francese… vittoria di cui però nessuno aveva notizie, semmai si sospettava l’opposto. Tutto questo sotto lo sguardo attento di Andrea che, ci dice Tolstoj, era molto più vispo sul campo militare, ma nell’esercito così come nei salotti di Pietroburgo era amato e rispettato da pochi e odiato e considerato snob dalla maggior parte…di cui facciamo parte noi lettori. In ogni caso il nodo viene sciolto direttamente dal generale Mack che arriva al campo trafelato e ferito confermando la sua disfatta. In breve: lo scontro con l’esercito francese è inevitabile!

Le cose si mettono dunque male e i russi battono in ritirata bruciando tutti i ponti al loro passaggio. Tutto bellissimo e fiammeggiante se non fosse che in un caso l’ordine di bruciare un ponte non viene applicato per tempo e nella squadra inviata a concludere il lavoro sotto il fuoco francese troviamo niente po’ po’ dimeno che Nicola Rostov, il rampollo di buona famiglia appassionatissimo di vita militare che però una volta trovatosi sul campo, fra le pallottole francesi guizzanti, le barelle con i feriti e i primi compagni caduti, si blocca in stato catatonico e realizza che il sole, le collinette e i fiorellini sono molto molto molto più fighi della guerra. Miracolosamente esce salvo dallo scontro ma con le braghe sporche non solo di fango, alla luce del ponte ardente.

A questo punto seguono vari siparietti che potremmo titolare “I bagni d’umiltà del principe Andrea”. L’esercito del generalissimo Kutusov, ridotto all’osso continua la ritirata cercando di ricollegarsi al resto dell’esercito russo, riuscendo a portare a casa una piccola vittoria contro la divisione francese guidata da Mortier, al costo della vita di un generale austriaco di nome Schmidt. Vista la sequela di figure miserabili fatte nelle ultime settimane, quella vittoria appare come una buona occasione per vantarsi con gli alleati. Così Kutusov manda il nostro “amatissimo” Andrea a portare la lieta novella alla corte austriaca rintanatasi a Brunn. Purtroppo per lui però i suoi sogni di gloria vengono infranti da una serie di implacabili schiaffoni. Il ministro della guerra austriaco lo liquida brevemente senza quasi alzare lo sguardo dalle sue carte se non per dirgli che il generale Schmidt era l’equivalente di una cucina Scavolini dell’esercito austriaco, amato da tutti.

Il diplomatico russo presso cui Andrea alloggia a Brunn, un tale di nome Bilibin (altra new entry spassosissima, descritto come uno di quei rari diplomatici a cui piace lavorare) lo percula per la portata patetica della vittoria, con nessun nemico preso prigioniero e un importante generale alleato morto ammazzato; e infine l’imperatore austriaco, pur distribuendo medaglie per il risultato, si mostra totalmente disinteressato al principe Bolkonskij, limitandosi a fare domande formali come “a che ora è cominciata la battaglia?” “era nuvoloso o solo parzialmente coperto?”, prima di ribadire quanto stupendevolissimo fosse il generale Schmidt, di quelli come lui si è perso lo stampo, rip, pace all’anima sua. Arrivata infine la notizia della caduta di Vienna e dell’avanzata inesorabile dei francesi Andrea pervaso da un patriottico spirito di sacrificio decide di non fuggire con i nobili ma a gran fatica raggiunge l’esercito Kutusov per condividerne il destino. 

Il piano è tanto semplice quanto disperato: Kutusov si sarebbe mosso con i suoi uomini e i bagagli nel tentativo di ricongiungersi col resto dell’esercito russo, ma per rallentare l’avanzata francese avrebbe inviato 4000 uomini guidati dal principe Bagration come avanguardia per guadagnare tempo. Il piano funziona, l’avanguardia russa distrae a dovere i francesi guidati da Murat con frizzanti numeri di giocoleria finché Napoleone non dà l’ordine di annientarli.

Lo scontro fre le truppe francesi e quelle russe colte di sorpresa è impari e concitato, un campo di battaglia in cui si intrecciano molti destini e impone delle honorable mentions:

1 ) Il principe Bagration passa l’intero scontro ad utilizzare l’hashtag #vabene con chiunque gli portasse notizie di qualsiasi genere

“i francesi avanzano nel bosco” “va bene”

“ci ritiriamo sul fianco destro” “va bene”

“credo si aver perso un piede e di starle sanguinando sulle scarpe” “va bene”

 2) il capitano della batteria di cannoni Tuscin, una specie di hobbit che conosciamo scalzo mentre riflette sulla vita dopo la morte, fa subito molta simpatia ad Andrea. Sostanzialmente salva il culo a tutto il reggimento visto che continuerà a cannoneggiare i francesi anche quando per sbaglio gli vengono tolte le truppe di copertura e sarà l’ultimo a lasciare il campo perché nessuno si era degnato di comunicargli l’ordine di ritirarsi.

3) Nicola Rostov che anche stavolta parte gasatissimo alla carica dei francesi e anche stavolta cadrà in stato confusionale…oltre che da cavallo, slogandosi un braccio e nascondendosi nei cespugli (ma solo dopo aver tirato la pistola in testa ad un francese invece di sparare).

4) Dolocov il sociopatico turchino che nella concitazione della battaglia cattura un ufficiale francese, sottolineando la cosa quaranta volte così da avviare -al termine della battaglia- il suo percorso di riabilitazione militare;

5) il principe Andrea che forse grazie al fatto di aver ricevuto batoste per 50 pagine di fila, inorridito dal livello di peracottaggine dei suoi commilitoni arriva ad esporsi di fronte a Bagration difendendo l’hobbit Tuscin dall’ingiusta accusa di aver abbandonato immotivatamente due cannoni sul campo e indicandolo invece come deus ex machina dell’intera battaglia. Bravo Andrea, quasi ti si è voluto bene.

Note:

L’alleanza austro-russa sembra basata su un complesso sistema di ripicche e reciproco biasimo

La quantità di nomi che Tolstoj lancia come shuriken impazziti è scoraggiante. Sospettando che torneranno in un futuro prossimo cito solo: tale principe Nesvizkij, un belloccio imponente che lavora con Andrea e che ha dato invano l’ordine di bruciare uno dei ponti; l’ufficiale degli usseri Vaska Denissov, un altro ubriacone, superiore di Rostov e con problemi a pronunciare le R,  è lui che effettivamente darà fuoco al ponte; infine l’infido ufficiale mandato a comunicare a Tuscin l’ordine di ritirarsi che non solo non avrà il fegato di consegnare il messaggio ma mentirà spudoratamente al riguardo, sebbene venga sgamato da Andrea… il suo nome? Ufficiale Jerkov, un vero e proprio caso di nomen omen, considerando che è stato una vera pippa nell’eseguire gli ordini. 

Citazione

“Perché non ci avete catturato un maresciallo, almeno uno?”

”Perché non tutto va secondo i piani. Avevamo calcolato di piombare alle spalle del nemico verso le sette di mattina, e siamo arrivati solo alle cinque del pomeriggio.”

“E perché non siete arrivati alle sette di mattina? Dovevate arrivare alle sette di mattina,” disse sorridendo Bilibin.

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