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Guerra e Pace – Stagione 3, Episodio 1: Terrapiattismo bellico

La stagione 3 di Guerra e Pace comincia con quello che alcuni chiamerebbero un “flashforward”, altri uno “spoiler”, altri ancora “l’aver fatto le scuole superiori e ricordarne qualcosa”: Tolstoj inizia infatti dicendoci come finirà la guerra e per quale ragione Napoleone perderà. E io che avevo evitato apposta di guardare qualsiasi trailer.

A casa Bolkonskij la litigata fra Andrea e il padre ha acuito ulteriormente le fratture interne: il Principe Nicola infatti addossa tutte le responsabilità della sfuriata, della guerra e del buco nell’Ozono alla principessina Maria ormai vittima di qualsiasi abuso; con sorpresa dei più ha anche ripudiato la francesina de Bourienne ricacciandola al suo status di “whatever”; e in tutto questo la senilità galoppa in modo evidente, visto che avvertiti da una lettera di Andrea che i francesi sono vicini alle loro tenute, il vecchio principe non capisce, se ne dimentica, progetta padiglioni in giardino e si mette a dormire ogni notte in una stanza diversa. Il tutto con i sudori freddi del personale di casa che ha capito di rischiare la pelle.

Il 4 agosto del 1812 il principe Nicola invia Alpatyc, il direttore immobiliare, a fare la spesa a Smolensk, proprio vicino alla posizione delle truppe francesi, e la principessina Maria e il precettore Desalles gli affidano in segreto una lettera da consegnare al governatore del paese per comunicargli le preoccupazioni del principe Andrea. Ma Alpatyc è sicuro che nulla di male possa davvero succedere alla Russia (“preoccupazioni da donnette”), e lascia la tenuta di Lyse Gory allegro per il tintinnio dei campanellini del suo cappello (ché il principe gli fa sempre legare perché non ama quel suono a casa sua). Sulla strada vede dei soldati che falciano l’avena dei campi, “ma che sarà mai”; arrivato a Smolensk sente un sottofondo lontano di fucilate, “ma che vuoi che sia”; si ferma a pernottare dal locandiere convenendo che i contadini che abbandonano il villaggio sono dei fessi , “ci hanno assicurato che i francesi verranno bloccati, quindi verranno bloccati”. Finalmente Alpatyc si reca giulivo dal governatore del villaggio, il quale però lo liquida quando gli viene comunicata una notizia che lo fa sbiancare in volto con lo sguardo sbarrato. Alpatyc si va dunque a prendere un tè, mentre al rumore di fucili si aggiunge quello dei cannoni, “che curioso!”. Quando le cannonate iniziano ad abbattere delle case nello sgomento generale e la cuoca della locanda viene ferita da una scheggia che le frattura il bacino, Alpatyc, rintanatosi in cantina con altri civili, pensa “mmh qualcosa forse non va.”

Alpatyc passeggia sommessamente per Smolensk

Calata la sera e calati anche i cannoneggiamenti, Alpatyc tenta di ritornarsene a casa con la sua vettura ma la strada è bloccata dalle truppe russe, si ritrova quindi accerchiato dalla folla imbambolata a guardare una casa in fiamme. Il principe Andrea lo riconosce e lo saluta con un sorpreso: “Cosa. Cazzo. Ci fai. Tu. Qui?” Alpatyc finalmente riesce a intuire che lo sfacelo intorno a lui ha un qualche significato e chiede al suo padrone: “ma quindi…siamo perduti?” Andrea che non ha tempo for this shit, gli scrive su un taccuino delle istruzioni chiare da dare al padre, raccomandandogli di partire quanto prima perché Smolensk è perduta e Lyse Gory ha i giorni contati. A questo punto un ufficiale dello Stato Maggiore si avvicina e rimprovera Andrea “fate due chiacchiere mentre si incendiano le case?”; a parlare è Berg, l’opportunista marito di Vera Rostov e non appena le fiamme illuminano il viso del principe, rendendosi conto della figura di merda appena fatta si spertica in scuse, certo di essere appena caduto nel primo inciampo della sua altrimenti fulgida carriera fatta di lusinghe e leccate di culo. Andrea non gli risponde neanche, lo guarda un momento dall’alto al basso (perché anche se Berg fosse in groppa a due cavalli impilati e Andrea a piedi, il principe lo guarderebbe sempre e comunque dall’alto al basso) dopo di che passa a ignorarlo riconcentrandosi sul suo servitore. Le istruzioni sono chiare, i Bolkonskij partiranno per Mosca e Andrea aspetterà una loro conferma via lettera o sarà costretto lui stesso a controllare la tenuta di famiglia il 10 di Agosto.

Malgrado la lettera di rassicurazioni sia arrivata, Andrea, trovandosi in zona col suo reggimento, decide comunque di far visita a Lyse Gory, trovando tutti i segni del passaggio delle truppe russe (serra distrutta, orti depredati, messi raccolte) e incontrando un Aspatyc affranto, che gli rassicura di aver presso tutti i numeri di targa dei soldati che hanno depredato la tenuta per avere un indennizzo. Andrea si ritrova in uno indescrivibile stato di malinconia, vedendo la sua casa d’infanzia ridotta in quello stato e osservando i soldati che gioviali e scherzosi fanno il bagno in uno stagno troppo piccolo per tutti, vedendo i loro sorrisi riesce solo a pensare con amarezza “carne da cannone”; dall’altro lato l’impegno militare lo distrae dalle sue turbe emotive e così si pone in modo educato e pieno di tatto con i commilitoni stretti o con gli estranei che non possono conoscere la sua storia personale, mentre mantiene il suo solito stile “scimitarre rotanti” con i vecchi colleghi dello Stato Maggiore.

Intanto nella realtà parallela della nobiltà pietroburghese c’è un’altra battaglia in corso, non meno concitata: quella fra i salotti.

Ai due angoli del ring abbiamo da un lato 1) il Salotto di Anna Pavlovna: filorusso, super nazionalista, “quant’è bello l’imperatore Alessandro”, “il successo di Napoleone in tutta Europa è figlio di un complotto per disturbare le nostre feste”, sciopero di tutte le cose francesi, non si tocca più neanche un croissant; dall’altro lato 2) il Salotto di Elena Bezuchov (la moglie di Pierre): filo francese, pseudo-pacifista, “ma quanto è ganzo Napoleone!”, “che ridere gli sforzi dell’esercito russo di tenere botta”, meglio trovare un accordo e riallacciare con il fine impero francofono, ouì! A palleggiare da una squadra all’altra, il Principe Basilio, padre di Elena ma grande alleato di Anna; a seconda della serata il principe parlava alternativamente malissimo o benissimo dell’imperatore russo, fino al giorno in cui facendo confusione, durante una serata dalla Pavlovna si mette a criticare lo zar per aver deciso di mettere al comando supremo l’ormai vecchio e cieco Kutuzov. Gli altri ospiti fanno finta di nulla come ad ignorare il peto di un convitato. La volta successiva, quando la nomina di Kutuzov è confermata, Basilio ne tesse le lodi “che scelta azzeccata, un uomo con così tanta esperienza, lo dico da un pezzo!”. Gli ospiti esperti annuiscono sorseggiando i loro calici di ipocrisia mentre i novizi dei salotti restano smarriti per la totale inconsistenza di qualsiasi cosa venga pronunciata in quelle stanze.

“Ad Alessandro Bonaparte, cioé allo zàr Napoleone… insomma che graziose tendine”

Prima del 10 Agosto, a Lyse Gory si facevano i preparativi per la partenza, e i progetti del principe di restare sul posto a difendere i possedimenti fino all’ultimo respiro, venivano infranti da un improvviso ictus che lo aveva paralizzato. La principessa Maria ordina quindi la partenza per la tenuta di campagna, Boguciàrovo, quella in cui Andrea aveva realizzato svariate innovazioni che non avevano comunque intaccato la “selvatichezza” della gente del luogo. La malattia del Principe Nicola si consuma in fretta, il vegliardo non fa che rantolare disperato tanto da spingere Maria a sperare che il tutto finisca in fretta, pensiero che schiude un’altra porticina nella testa della principessa: un pregustato futuro da persona libera in grado di pensare a sé stessa senza le costrizioni paterne. Quando la salute del malato precipita, il vecchio principe fa chiamare la figlia e riesce in qualche modo a comunicare: le chiede scuse, la ringrazia per tutto e poi dopo qualche farneticazione, si spegne per sempre. Secondo membro del cast ad abbandonarci ma soprattutto a lasciare Maria in un’ondata di sensi di colpa per aver desiderato deliberarsi del vecchio proprio quando lui voleva darle un affettuoso addio.

Boguciarovo è pero sfortunatamente ancora molto vicino alle truppe francesi. Aspatyc (appena arrivato da Lyse Gory) chiede allo starosta Dron (al comando di quella comunità) di ordinare che i contadini preparino i cavalli per fare partire la principessa verso Mosca, ma ecco che il capo-contadino accampa delle scuse, “i cavalli sono caduti nel pozzo…  li ha portai via il vento… sono partiti con un carosello ambulante”.  Aspatyc che intuisce la menzogna, lo minaccia con la seguente frase ad effetto “io non solo ti vedo da parte a parte, ma fino a tre braccia sotto” che a quanto pare unito al fatto che fosse capace di tenere a bada il principe Nicola e che fosse apicoltore gli aveva procurato la nomea di essere uno stregone. Dron se la fa sotto ma continua a svicolare. A questo punto tocca a Maria che pur nel pieno del lutto, all’idea di essere fatta prigioniera dai francesi, sente risvegliare lo spirito combattivo targato Bolkonskij. Chiede anche lei di preparare i cavalli ma questa volta Dronuska è più drastico “sono morti tutti di fame”. La principessa Maria, stupita, si offre allora di dare tutto il grano padronale ai contadini purché si decidano a partire. I contadini chiedono udienza nel granaio e lei ribadisce di volerseli portare tutti a Mosca garantendogli vitto e alloggio. Di fronte al silenzio ostile della platea Maria capisce che qualcosa non va e confusamente intuisce: tutti i contadini di Boguciarovo hanno creduto alla propaganda napoleonica si sono convinti che i francesi non gli torceranno un capello, che sono tanto buoni e tanto cari e che una volta invase le loro terre li lasceranno tranquilli nelle loro case e gli insegneranno come si fa crème brûlée. Maria rinuncia a qualsiasi operazione di debunking, i contadini le urlano “ki ti paga?!” e le danno della globalista al servizio di Soros, perciò decide di partire con il personale ristretto abbandonando i complottari al loro dubbio destino.  

Citazione:

In un attimo tutta la forza di tenerezza che sentiva per lui dentro di sé, era scomparsa, aveva ceduto il posto a un senso di orrore per ciò che le stava davanti. “Non c’è più, non c’è più! Lui non c’è più: c’è soltanto, dov’era lui, qualcosa di estraneo e di ostile, un tremendo, raccapricciante e ripugnante mistero!”

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