Senza categoria, Serial review

Compiti seriali per casa!

La serialità si può vivere in  tre modi.
1)     Si accende la tv e si guarda quello che capita, meglio ancora se ci sono casi da risolvere.
2)   Si seguono serie attentamente selezionate da critica e pubblico ignorando cose che si sa già essere porcherie e semplici guilty pleasures.
3)    Si guarda assolutamente tutto, almeno una volta, passando in rassegna tutte le novità e ricavando un po’ di spazio per quella 32-33esima serie che è scema si, ma fa ridere proprio per questo.

Io sto fra il punto 2 e il punto 3. C’è un nucleo di serie che considero veramente belle e che seguo con passione (un nucleo che negli ultimi due anni si sta rinnovando del tutto) e poi un tot di serie che seguo con qualche difficoltà ma che mi costringo a non lasciare. I motivi sono diversi: o sono serie che trovo poco scorrevoli ma di fatto bellissime (In Treatment, Breaking Bad, Mad Men fino alla stagione 3, poi è diventato puro piacere) o sono serie blande/futili che seguo per curiosità.

Il tutto comporta che “this fall” mi sono ritrovato con una serie di “compiti” seriali da finire al più presto.  Attenzione, possono seguire degli spoiler.

Ringer (CW)
Perché seguo Ringer? Bella domanda. Sono uno dei pochi serial-addicted che non ama Sarah Michelle Gellar e che ha sempre considerato Buffy come una sorta di guilty pleasure (per quanto abbia visto e apprezzato quasi tutte le puntate e gran parte dei personaggi…mmh…forse non lo consideravo così tanto un guilty pleasure, dopotutto). Non amo neanche la CW. Per principio. Ha un target medio di ragazzine idiote e ha litigato con Amy Sherman Palladino. E allora perché? Probabilmente perché su siti specializzati cominciavano a comparire recensioni spassose e volevo essere tra quelli in grado di prendere per il culo la serie.
Di cosa parliamo? Bridget (Sarah Michelle) è una scapestrata, ex dipendente da droghe, unica testimone dell’omicidio di una collegha spogliarellista. Per evitare di testimoniare chiede aiuto alla sorella gemella Siobhan  (…sempre la Gellar) ma durante un memorabile giro in barca Siobhan scompare e Bridget decide di prendere il suo posto. Si scoprirà a breve che Siobhan è una vera stronza che tradisce il marito con quello della sua migliore amica, e che –suprise surprise- in realtà non si è uccisa ma è fuggita e vuole Bridget morta.   Perché le due gemelle si odiano? Cosa nasconde Shiobhan? Ancora non si sa, ma ci sono tante di quelle idiozie sparse in ogni episodio che le risate sono assicurate, tra tonnellate di specchi come metafora del doppio, plot twist pirotecnici*, un miscasting esagerato*.
 

  • Una su tutte: Bridget scoprendo dove si trovano delle prove essenziali per un presunto omicidio, chiama la polizia, ma solo dopo essersi tolta i guanti e aver toccato con mano  le prove in questione. Conseguenza: la polizia pensa sia colpevole.
  • Henry Pohala dovrebbe essere uno scrittore?? Senza contare la figliastra di Sc’van, Guliet che poveretta, ci prova a recitare ma non è cosa sua. E la stessa Gellar secondo me non in grando di sostenre il doppio (anzi triplo) ruolo che la serie richiede.

Update: ho mollato la serie intorno al settimo episodio. Non era più “stupidamente divertente” ma solo “stupidamente”.

 

Enlightened (HBO)
Amy (Laura Dern) è sull’orlo di una crisi di nervi. Anzi ci è proprio dentro. Declassata al lavoro come conseguenza –non ufficiale- per essere andata a letto con il suo capo, la donna dà di matto ed è costretta a passare due mesi in rehab alle Hawaii. Di ritorno Amy si sentirà “illuminata” (per l’appunto) e si impegnerà a cambiare in positivo la vita degli altri, dell’azienda in cui lavora, dei suoi colleghi, della scettica madre, dell’ex marito drogato.
Il risultato è quasi sempre poco soddisfacente. Amy non riesce mai a compiere ciò che si prefissa, finendo sempre per imbarazzare se stessa e deprimersi.
Come molte “comedy” della HBO, si tratta più che altro di un/a dramedy. I personaggi e le situazioni che vediamo sono tendenzialmente tristi e malinconici e solo accidentalmente le cose possono diventare così imbarazzanti per i protagonisti da farci sorridere pensando “non vorrei mai essere in quella situaizone”.
Il problema principale di Enlightened è che non è chiaro quale sia la sua struttura e dove voglia andare a parare. Sembra ancora che stia carburando, che debba ancora partire. Il mio timore è che si riduca come Hung (altra “comedy” HBO) che a fine seconda stagione non aveva ancora preso alcuna direzione, trovandosi i protagonisti nella stessa situazione squallida di partenza (cosa sia successo poi non lo so avendola abbandonata). E’ come uno di quei film indipendenti con Laura Linney, però serializzato.
Perché la seguo?
Fondamentalmente perché adoro Laura Dern. Per me la Dern equivale al cinema. L’istante in cui mi sono innamorato del media cinematografico, dei sedili, del grande schermo, beh in quel momento sul grande schermo c’era lei. Essendo uno che considera “Mi chiamo Sam”, un bel film ancheperchèc’èlauradernnegliultimiventiminuti, non potevo perdere l’occasione vederla settimanalmente, in lingua originale. E obiettivamente, finché la scrittura brillante continua a latitare, la doti attoriali della Dern sono finora l’unica ragione per seguire la serie. Vedremo il futuro.

Update: la candidatura a due Golden Globe ha salvato Enlightened dai bassissimi ascolti. Così non è andata per le cancellate Hung (per l’appunto..), How to make it in America e Bored to death.

 

American Horror Story (FX)
Altra serie che mai e poi mai avrei voluto vedere. Non amo l’horror. Non mi fa impazzire FX anche se ha roba interessante. Non mi fa impazzire Ryan Murphy (l’unica cosa di Glee che guarderei in loop è la “citazione” fatta in Community). E tuttavia un’intenditrice di serie tv mi ha tentato con un trailer ed eccomi a bordo.
Di cosa parliamo? La famiglia Harmon viene ad abitare in una bella casa vittoriana, per ripartire da zero dopo  un aborto e il tradimento di mr. Harmon. Peccato che la casa sia giusto un pochino haunted (no, non quella) per cui nei primi episodi abbiamo, senza soluzione di continuità: indizi di precedenti omicidi nella casa, una sinistra vicina di casa con tendenze cleptomani e con una figlia dawn che vede i morti, un misterioso uomo in tuta di latex molto arrapato, un paziente folle del dottor Harmon che nasconde segreti, un mostro nano nelle cantine, un’anziana cameriera  con occhio di vetro che solo il signor Harmon vede come una giovane ragazza provocante, un vecchio proprietario della casa pluriomicida e per metà ustionato.
Il tutto, ripeto, senza senso.
Perché lo vedo? Perché è così senza senso che non sai che aspettarti. Perché è così sovraccarico in ogni particolare da metterti in uno stato di coma (e di “come?!”) fino al termine dell’episodio. Perché è divertente vedere quante scuse riescono a trovare per far recitare Dylan Mcdermott nudo o mezzo nudo. Perché la vicina pazza è una super macchiettistica Jessica Lange (che non ricordo mai se mi sta simpatica o no). Perché la cameriera con l’occhio di vetro è la Conroy di Six Feet Under (sempre abilissima) mentre la versione giovane in stile “brava giovanna brava” è la bellissima Alexandra Breckenridge (mai attrice fu più sottovalutata. Vero True blood?). Perché c’è Denis O’ Hare e prende a palate la gente, con tanta tranquillità.

 

Breaking Bad (AMC)
Mettere Breaking Bad fra queste serie può sembrare una bestemmia, ma devo confessare che al termine della prima stagione, lo abbandonai. Ero consapevole della sua bellezza ma sapevo che sarebbe stata dura seguirlo (motivo per cui non oso ancora avvicinarmi a Treme). La verità è che dalla seconda stagione in poi si crea un vincolo di fiducia per gli autori che ti porta ad inarrestabile dipendenza dalla serie (..sai, una serie sulle metanfetamine…vabbè battuta idiota).  Così ho visto 2 3 e 4 stagione praticamamente di fila. Un po’ provato. Ho potuto assistere al sorgere di personaggi fantastici come Skyler e Gus Fring e alla graduale caduta di Walter.
Perché allora non la inserisco fra le mie preferite? Fondamentalmente perché odio il protagonista. Il senso della serie è descrivere il tracollo di Walter, e in questo la serie riesce benissimo. Peccato che si arrivi con l’identificarsi con tutti i personaggi circostanti tranne che con lui. Questo comporterà sempre, per me, una leggera difficoltà nella visione. A parte questo, la serie è da antologia e dimostra la differenza tra un team di autori coraggioso, che evolve (nel bene e nel male) tutti i protagonisti e cambia continuamente gli equlibri della serie, da un team pigro e paraculo che ripropone da anni la stessa solfa spacciandola per capolavoro (si Dexter! Parlo di te!!).

Concludo ricordando a tutti di vedere la bellissima serei british “Downton Abbey” ma NON su una certa rete italiana dove la censura e il doppiaggio imbarazzante ne hanno fatto strazio. Come servire caviale su un piatto di sterco…

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