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La leggenda di Korra

av17Non sapevo bene cosa aspettarmi quando varcai le soglie del cinema per vedere Avatar-The Last Airbender. Non tanto per aver ormai declassato Shyamalan a roulette russa della cinematografia, ma perché non conoscevo l’omonima serie animata da cui la pellicola era tratta, anche nota col nome La leggenda di Aang.

A parte il 3D posticcio il film mi sembrò tutto sommato interessante, ma la curiosità di vedere la storia originale -anche su consiglio di amici che ne decantavano la netta superiorità rispetto alla controparte filmica- rimase per molto tempo non soddisfatta, principalmente perché sono troppo pigro per acquistare DVD e troppo inetto nel trovare uno straccio di streaming decente.

Nell’ottobre 2013 qualcosa è cambiato. Avevo il bisogno di proiettare parte delle mie giornate in un altro mondo. Godere di quell’evasione totale che nei periodi di stress mi avevano regalato Il Signore degli Anelli o Harry Potter anni addietro. Così, annientata la mia pigrizia, sono riuscito a procurarmi le 3 stagioni di Avatar (andate originariamente in onda tra il 2005 e il 2008) scoprendo che nel frattempo era stato prodotto un seguito, The Legend of Korra. Ed è proprio su Korra che vorrei concentrarmi, fermo restando che le due serie, sebbene molto diverse fra loro, si integrano a vicenda costituendo un’unica grande opera; perciò lo scopo di questo chiacchiericcio sarà quello di incuriosire, convincere a recuperarle e fondare con me una nazione di dominatori dell’acqua. Nel fare ciò spargerò qualche spoiler, ma così superficiali che non li segnalerò neanche.

Ah, non è il caso di specificare (ma no, non è vero: specifichiamolo) che dopo aver visto Avatar – La leggenda di Aang, il mio giudizio sull’adattamento di Shyamalan è passato da “mmh interessante” a “smembratelo e seppellite le parti ai quattro angoli della terra”.

Only the Avatar can master all four elements and bring balance to the world

Avatar, creato di Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko e prodotto dal canale Nickelodeon, è ambientato in un mondo diviso in quattro nazioni (Le tribù dell’acqua, la Nazione del fuoco, il Regno della terra, i Nomadi dell’aria) in cui parte della popolazione può manipolare gli elementi (i cosiddetti dominatori, benders in originale). Ma solo l’avatar è capace di dominarli tutti e quattro e il suo compito è quello di garantire l’armonia e la pace. Questo suo compito viene assicurato di generazione in generazione grazie ad un costante ciclo di reincarnazioni che segue un ordine predeterminato.

All’inizio della serie La leggenda di Aang, l’avatar “in carica” è misteriosamente scomparso da ben cento anni, offrendo al leader della nazione del fuoco la possibilità di espandere con la forza il proprio dominio. Nel corso delle tre stagioni facciamo la conoscenza del giovane avatar Aang, l’ultimo dominatore dell’aria superstite e della sua gang di amici, che lo aiuterà ad apprendere il dominio di tutti gli elementi e ad opporsi alle malefatte del Lord Ozai.

La Leggenda di Korra si colloca settant’anni dopo gli eventi della serie originale, in un mondo in fermento per l’incalzante industrializzazione, in cui l’avatar si è reincarnato in Korra, una ragazza della tribù dell’acqua.

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La principale difficoltà nell’approcciarsi ad Avatar è la grande differenza di tono fra Aang e Korra. La leggenda di Aang era teoricamente rivolto ad un pubblico molto giovane, tra i 6 e gli 13 anni circa, ed è di fatto un’avventura fantasy con diversi spunti comici. Korra si rivolge invece ad un pubblico più maturo (sempre di più nell’incedere delle stagioni) e in un certo senso parla agli stessi fan che nel 2008 avevano 11 anni. E basta scorrere pochi fotogrammi per accorgersene. Le campagne e le valli dai colori brillanti e saturi di Aang lasciano il posto ad ambientazioni urbane e ad una palette decisamente più cupa con abbondanza di scene notturne. L’età degli stessi protagonisti fa un notevole balzo: il team avatar di Aang ha una media di 13 anni; in Korra sono più o meno tutti sulla ventina.

In ogni caso quello che di fatto è accaduto è che La leggenda di Aang ha raggiunto e appassionato anche un pubblico diverso dal target prestabilito (io per esempio ho qualche decina di anni in più) e ammetto con un certo stupore che sono stati pochi i momenti in cui ho percepito il gap anagrafico, lasciandomi per il resto trasportare dalla narrazione (e cedendo talvolta a delle sonore risate, cosa che mi capita raramente anche nelle serie comedy, con le quali mi limito ad un sorriso interiore).

Come molte serie rivolte ad un pubblico giovane anche Avatar accompagna i suoi fan da un contesto più spensierato verso lidi meno allegri; questo accadeva già nella Leggenda di Aang, dove oltre alla premessa di una guerra in corso e del genocidio dei Nomadi dell’aria (Aang è per l’appunto l’ultimo), nelle ultime stagioni i protagonisti si chiederanno se è giusto o meno commettere un omicidio in determinate circostanze; e dove un personaggio chiave viene portato sull’orlo di un vero e proprio delirio psicotico.

E così nella Leggenda di Korra si arriva a considerare il pubblico abbastanza maturo da mostrare un omicidio a sangue freddo (con dinamiche anche abbastanza disturbanti). In tal senso non stupisce il graduale calo di ascolti che ha portato il canale Nickelodeon a spostare gli ultimi episodi della terza stagione direttamente on-line.

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Mentre Aang manteneva una struttura classica con le tre stagioni collegate da un’unica grande quest (sconfiggere il megacattivone) che si svolgeva nel corso di un anno, in Korra si è optato per un formato più snello con una media di 13 episodi stagionali; ogni anno viene introdotto un nuovo big bad e un tema portante, senza dimenticare le trame orizzontali che si sviluppano lungo l’arco di tutta la serie.

La leggenda di Aang, come probabilmente la maggior parte dei racconti di formazione, è una parabola sul senso di responsabilità e sul ruolo che ognuno vuole o deve assumere nel mondo. Aang vive costantemente il dissidio interiore fra la voglia di libertà e ciò che gli altri si aspettano dal suo ruolo di avatar. Ed è una condizione che accomuna tutti i personaggi i quali, incastrati in una posizione imposta dal contesto sociale o famigliare, sono sempre in conflitto con essa, nel tentativo di autodefinirsi. Il tutto ovviamente sotto il grande ombrello della lotta fra bene e male; un male archetipico, senza tentennamenti e senza solidi moventi eccetto il classico desiderio di conquista.

La leggenda di Korra si muove in due direzioni diverse, opposte direi. Intelligentemente gli autori invertono i termini della condizione dell’avatar: Korra non è un bambino spaventato che rifugge dalle proprie responsabilità, ma è una donna (troppo) sicura di se, convinta che con la forza del suo status di avatar potrà risolvere qualsiasi problema. Due Avatar con un cammino molto diverso, considerando che stagione dopo stagione Korra vedrà venir meno le sue certezze (sul mondo e su sé stessa) un pezzo per volta.

La seconda mossa degli autori è quella di giocare con le premesse dell’intera serie (il dominio degli elementi, l’esistenza di un mondo spirituale, una struttura politica medievale e corrotta) e interrogarsi su quali sviluppi potessero avere in un mondo in piena rivoluzione industriale. E così i personaggi, ma soprattutto gli stessi spettatori, sono costretti a rimettere in discussione tutto ciò che finora era stato dato per scontato. Nel mondo di avatar ci sono dominatori e non dominatori, ok, bene, lo sapevamo; ma in quale condizione vivono le persone incapaci di dominare gli elementi? È una differenza formale o è causa di concreta discriminazione? Sappiamo che l’Avatar è il “ponte” fra il mondo reale e quello spirituale “da sempre”; ma qual è l’origine di questa condizione? Uno status quo che si conferma per secoli e secoli può essere rimesso in discussione?

E infine (ed è questo il fil rouge delle ultime due stagioni) un assetto politico in cui i reggenti si manifestano evidentemente incapaci quando non crudeli e indifferenti ai bisogni del popolo non dovrebbe essere oggetto di biasimo e di radicale revisione?

Ed è proprio questa la forza di Konietzko e DiMartino nella Leggenda di Korra; oltre alla grande capacità di raccontare i personaggi, di farli crescere ed evolvere (capacità già dimostrata con la leggenda di Aang), qui si mettono sul tavolo dei controtemi forti che seminano il dubbio anche in chi guarda. È difficile non condividere in parte le intenzioni degli antagonisti di Korra ; e anche se le loro evoluzioni ricadono sempre nella caratterizzazione più semplicisticamente negativa (perché sono tutti “out of balance” per citare Toph) resta il fatto che ognuno di essi ha di base un ragionevole movente.

Un bilanciamento degli interessi in gioco che spesso manca, per citare un esempio di grande story telling, nella cinematografia Pixar. Storie diverse, generi diversi, ma teoricamente pubblico affine, eppure solitamente gli antagonisti Pixar (quando ci sono), sono sostanzialmente irredimibili e ingiustificabili; e sebbene alcuni abbiano anche una backstory convincente, a differenza delle loro controparti più strettamente disneyane (Ursula, Jafar e compagnia bella) condividono con queste ultime un elevatissimo tasso di mortalità. I cattivi sono così cattivi che non ci sono le premesse o il tempo per sconfiggere il loro controtema se non con la morte stessa. Sotto questo punto di vista più affinità si trova col mondo di Miyazaki, ed è impossibile non vedere legami con La Città incantata e soprattutto con La principessa Mononoke; in quest’ultima in particolare non c’è nessun antagonista monoliticamente cattivo (non in scena quanto meno) ed è difficile schierarsi in senso assoluto da una parte o dall’altra.

La quarta e ultima stagione è al momento in corso e onestamente non saprei dire se Korra deciderà di ricorrere alle sole mazzate o se si opterà per una scelta diversa, una scelta vera che coinvolga anche l’antagonista. D’altronde l’ultimo libro si intitola Balance.av5

Un racconto fantastico o fantascientifico in senso lato deve però soddisfare un altro bisogno oltre a quelli fondamentali di avere una storia avvincente e dei personaggi efficaci; e cioè che sia ambientato in un mondo credibile, una dimensione che, anche se non esplorata nel dettaglio infinitesimo con derive Tolkieniane o Martiniane, dia comunque l’impressione di funzionare, di avere una sua autonomia. Un mondo sufficientemente consistente da far sì che eventuali elementi geografici o temporali sconosciuti risulteranno comunque allo spettatore eventualmente conoscibili, e non come delle falle incolmabili.

Il viaggio di Aang per apprendere il dominio dell’acqua, della terra e del fuoco, ha garantito un’ampia esplorazione delle quattro nazioni, passando da misteriose paludi ad antichi templi, da grandi città ad un’infinità di villaggi e piccole comunità rurali.

Spostando le vicende di Korra ben settant’anni rispetto a quelle di Aang gli autori riducono al minimo ogni pretesa esplorativa e si impegnano ad immergere lo spettatore in ambientazioni più spiccatamente urbane, dove la città (una città che può richiamare l’Hong Kong degli anni venti/trenta) è la protagonista e dove la componente tecnologica/steampunk prende rapidamente piede. Ed è innegabile l’emozione con cui oltre a scoprire location del tutto nuove (come la moderna Republic City o l’avveniristica Zaofu) ci si imbatte in luoghi (e personaggi) ben noti ai fan di vecchia data. Alcuni di questi luoghi sono stati abbandonati, altri hanno ripreso a fiorire dopo la fine della guerra dei cento anni, altri ancora hanno mantenuto lo stesso identico alone di mistero del passato.

E ogni strizzata d’occhio e più piccolo dettaglio è quanto più apprezzabile perché va oltre il semplice easter egg; senza urlare informazioni in faccia allo spettatore, racconta del cambiamento in modo intuitivo ed elegante, allo stesso tempo legando a doppio filo La leggenda di Korra con la serie madre. Una continuity che è geografica ma anche cronologica, potremmo dire storica. La Leggenda di Aang spiccava per una grandissima memoria per tutti i personaggi principali o comprimari incontrati in tre stagioni; con la Leggenda di Korra si continua ad espandere la mitologia della serie e non solo, come ci aspetterebbe, nel futuro ma anche con un sguardo al passato fino alle origini del mondo di Avatar, ben oltre il punto in cui Aang ci aveva portati incontrando le sue passate reincarnazioni. Le serie si completano dunque in uno scambio continuo e un flusso quasi circolare che renderebbe l’esperienza monca se ci si limitasse alla visione di una sola delle due.

Tutte le passate incarnazioni dell'avatar
Tutte le passate incarnazioni dell’avatar

Il cosiddetto team avatar rispetta delle regole non dette: i personaggi principali sono quattro, due maschi e due femmine (più eventualmente animali vari). Inoltre un membro del gruppo non è un dominatore elementale; è fondamentale infatti che lo spettatore riesca ad immedesimarsi almeno formalmente nel racconto altrimenti popolato solo da pseudo super-eroi. La presenza di personaggi non-bender rende infatti più complessa la risoluzione delle disavventure dei protagonisti, ed è interessante vedere come questi protagonisti, di base svantaggiati, riescano a ritagliarsi un ruolo ed una funzione fondamentale nella storia. Nella Leggenda di Aang il “peso” di essere un normale essere umano ricadeva su Sokka, che fungeva -almeno inizialmente- anche da principale comic rilief della serie. Nella Leggenda di Korra il ruolo è invece ricoperto da Asami, l’altra donna della squadra. Da una parte Sokka faticherà per migliorare le sue potenzialità di combattente e soprattutto si stratega militare diventando un elemento insostituibile; dall’altra Asami, che certo svantaggiata non può dirsi essendo ricca, intelligentissima e proprietaria delle Future Industries, si troverà comunque ad affrontare problemi molto “umani” e poco acrobatici come la gestione di un’attività imprenditoriale; il tutto però senza negarle svariate scene in cui sfoggiare le sue tecniche di autodifesa (certo nel mondo di Avatar se non sai usare delle armi, non sai piegare gli elementi o non sai combattere, sei un po’ nella merda).

Asami è anche un'ottima pilota
Asami è anche un ottimo pilota

E in tema di generi non si può non additare uno dei particolari più evidenti de La leggenda di Korra e cioè che si tratta di una serie animata d’azione/drama/steampunk che ha come lead un personaggio femminile. Non è un merito di per sé, ma diventa rilevante considerando che scarseggiano esempi simili nell’animazione recente, ma direi anche nella serialità e nella cinematografia (se non contiamo The Hunger Games e i suoi derivati). Inoltre, lungi dal raccontare un personaggio femminile rivolgendosi principalmente ad un pubblico femminile (o quantomeno al “pubblico femminile” generalmente inteso dai network) , in Korra le trame romantiche sono state rapidamente archiviate proprio perché incapaci di attecchire lasciando spazio a ben altre faccende; la stessa Korra non è il personaggio con maggiore appeal della storia, non essendo la più bella, la più più divertente né tanto meno la più saggia, eppure (o forse proprio per questo) è con maggiore curiosità che seguiamo le sue vicende e i suoi legami imprescindibili col vastissimo cast.

NICKELODEON THE LAST AIRBENDER

Un penultimo punto che merita a mio avviso di essere preso in considerazione è la frequenza con cui gli autori introducono personaggi con disabilità fisiche. Di nuovo, la cosa non è rilevante di per sé ma spicca se si guarda al panorama narrativo circostante; Avatar offre in tal senso una varietà enorme ricorrendo a categorie storicamente discriminate (donne, personaggi di colore, portatori di handicap) con una fluidità invidiabile e senza alcuna forma di sensazionalismo. Lasciando stare Zuko (gravemente ustionato al viso) e mettendo da parte Teo, l’inventore sulla sedia a rotelle (raccontato con fin troppo buonismo) il riferimento è ovviamente a Toph Bei Fong, una dominatrice di dodici anni, cieca, che entrerà nel team dell’avatar Aang. Toph potrebbe essere oggetto di lunga dissertazione sul fatto di rientrare o meno in categorie standard di disabili rappresentati nella cultura pop; rischia infatti di cadere nello stereotipo del super-cripple, (il super-disabile che vince la propria disabilità con performance anche superiori ai normodotati) o del blind seer (il cieco che però riesce comunque a vedere potenziando altri sensi). E di fatto Toph non solo è la migliore dominatrice della terra mai vissuta ma riesce anche a “vedere” sfruttando le onde trasmesse nel suolo dal contatto dei suoi piedi.

Ma sono argomentazioni in parte confutabili prima di tutto sottolineando due premesse , e cioè da un lato il merito di aver comunque portato in scena un protagonista cieco (e di sesso femminile) in una serie che come detto avrebbe dovuto avere un target molto giovane; e dall’altro che in qualche modo tutti i protagonisti sono (o diventano) particolarmente “bravi” in qualcosa, tanto da superare le avversità.

Inoltre, sebbene la cecità sia in parte addolcita dai super-poteri di Toph, non viene mai del tutto superata né dimenticata; in più di un’occasione la dominatrice si troverà impossibilitata ad usare la sua “seconda vista” e le sue interazioni col gruppo sono spesso spunto per dei riferimenti alla sua condizione, non privi di autoironia. Arrivare alla battuta accantonando ogni forma di pietismo è possibile solo se la scrittura è solida. In tal senso si inserisce il famoso scambio in cui, avendo trovato rifugio in una cavità sotterranea, Sokka si lascia sfuggire “È così buio qui… non vedo niente!” cui sarcasticamente Toph risponde con “Oh no! Che incubo!”.

Tornando alla Leggenda di Korra, DiMartino e Konietzko non si lasciano sfuggire l’occasione di introdurre il curioso personaggio di Ming-hua, una dominatrice dell’acqua priva di braccia. A quanto pare il personaggio è nato in seguito ad una battuta di dubbio gusto, ma lo sviluppo è stato ispirato dalla voglia di esplorare e adattare il dominio (fino ad allora attuato prendendo come base le posizione di diverse arti marziali) anche alla particolare condizione dell’assenza di arti superiori. Il dominio di Ming-hua si piega infatti a questi presupposti e, di nuovo, la naturalezza con cui la situazione è mostrata allo spettatore è tale che nessun personaggio si soffermerà particolarmente sulla cosa e non scopriremo mai il passato della dominatrice né la causa della sua condizione fisica. È una categoria abbastanza specifica ma Ming-hua è decisamente l’antagonista-donna-senza braccia che preferisco in tutta la narrativa mondiale fino ad oggi.

Infine per citare Oliver Sava di A.V. Club

The success of Avatar: The Last Airbender and The Legend Of Korra lies in a balance of four elements […] character-based drama, youthful humor, extensive world-building, and dynamic action.

Avatar è infatti anche e soprattutto una serie adventure/action. Nella Leggenda di Aang i diversi domini sono ispirati a differenti arti marziali (e qui mi aiuta wikipedia nel dire che rispettivamente per acqua, terra, fuoco e aria sono il T’ai chi ch’uan, il Hung Ga kung fu, il Bei Shaolin e il Baguazhang).

Nella Leggenda di Korra questa premessa viene portata alle estreme conseguenze offrendo dei combattimenti che fanno invidia a certe produzioni cinematografiche, senza neanche parlare della televisione (si, Buffy, mi dispiace, Korra riesce dove le tue controfigure imparruccate fallivano). Le coreografie animate in modo fluido e accattivante, scortate da una colonna sonora (di Jeremy Zuckerman) che raggiunge toni epici nella terza stagione, offrono uno spettacolo veramente completo.

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In conclusione c’è una serie fantasy con sviluppi steampunk/fantascientifici in cui un eroina si destreggia in situazioni che oscillano dal dramma personale, al thriller sociopolitico, alle mazzate acrobatiche.

Che cosa altro potreste mai desiderare di più?

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Note sparse

Nel mondo di avatar c’è una fauna piuttosto pittoresca costituita da incroci spesso assurdi di animali noti (zebre-ippopotami, anatre-tartarughe). Il design di Naga (il cane-orso polare) resta comunque uno dei migliori.

L’introduzione di tecnologie e mezzi meccanici mescolati con il bending aggiunge un gusto unico alla narrazione. Un mix che mi fa pensare al da me amatissimo “I cieli di Escaflowne” ma anche e soprattutto alla serie dei Final Fantasy.

Il cast di voci originali è ricchissimo di guest. Fra i tanti figurano Mae Whitman, J.K. Simmons, Dante Basco, Mark Hamill, Hanne Heche, Aubrey Plaza, Lisa Edelstein, Daniel Dae Kim e potrei continuare…

A proposito di Aubrey Plaza, in Avatar interpreta lo stesso personaggio di Parks and Recreation.

Per una volta il mio cronico ritardo ha giocato a mio vantaggio. Ho recuperato tutta la serie nel 2013, mentre era in programma il rilascio a breve distanza delle ultime due stagioni di Korra.

Dopo la visione di Avatar ho sostituito il 40 % delle mie fantasie sessuali e il 60% di quelle in cui vinco l’oscar, con una serie di sequenze in cui combatto dominando l’acqua. No sul serio, fondiamola questa nazione di waterbenders. Come si potrà indurre l’idrocinesi? Immagino che un bagno nell’acqua radioattiva non sia la risposta.

Come sempre ringrazio Helena per la sua rapida supervisione al post che altrimenti conterrebbe molti più errori e molte meno virgole.

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