Serial review

Serial Review (9): In Treatment

 

 

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Visto che la stagione telefilmica americana è iniziata questa settimana e considerando che mentre arrivano nuove serie non ho ancora recensito tutte quelle dell’anno scorso che ho visto, rieccomi con un nuovo Serial Review , questa volta dedicato a  In Treatment la nuova e particolarissima serie del canale via cavo HBO (che come si è capito insieme a Showtime è uno dei miei preferiti)

 

Siamo in Israele nel 2005 quando nasce la serie  “Betipul” (cioè “In trattamento”) che ha come protagonista uno psicologo e le sedute con alcuni pazienti. Il canale HBO che è notoriamente affezionato alle tematiche psicologiche (vedi “I Soprano” o “Tell me you love me”) , per alcuni critici in modo morboso , ha adocchiato la preda, acquistato i diritti, riunito un nuovo cast e ha messo alla guida della serie il creatore dell’originale Israeliano Hagai Levi

Ma vediamo di capire cosa rende questa serie tanto unica.  In Treatment mostra l’attività dello psicologo Paul Weston (Gabriel  Byrne) alle prese con i suoi pazienti , e con i propri problemi personali e lavorativi. Fin qui nulla di particolarmente innovativo, se non fosse che le singole puntate non consistono in altro che in vere e proprie sedute, rappresentate nel modo più realistico possibile, senza colonna sonora (tranne alcune note nei momenti più salienti) tanto che spesso si sente il rumore di passi o del telefono nelle altre stanze dell’abitazione, senza che ci si sposti dallo studio del dottor Weston;non vediamo altro che il terapista e chi è in terapia. Silenzi e dialoghi.

E non solo;anche il modo in cui lo show è stato messo in onda è una grande novità; infatti l’ HBO ha trasmesso cinque episodi a settimana, ogni giorno corrispondente alla seduta di un preciso paziente ,dal lunedì al venerdì (trasmettendo poi di domenica tutte e cinque gli episodi della settimana di fila)

E così il lunedì abbiamo Laura (Melissa George) un’ anestesista che malgrado programmi di sposarsi con il suo ragazzo ,è innamorata di un altro uomo;

Il martedì c’è Alex (Blair Underwood) il pilota di aerei da guerra,abituato ad essere sempre il numero uno, che ha inavvertitamente colpito una madrassa in Iraq uccidendo molti civili fra cui bambini. .

Il mercoledì, Sophie (Mia Wasikowska) ,l’adolescente , ginnasta olimpica in erba, che ha avuto un incidente stradale rompendosi entrambe le braccia.

Il giovedì Jake e Amy  (Josh Charles ed Embeth Davidtz),una coppia che dopo aver provato per tanto tempo ad avere un secondo figlio con l’inseminazione artificiale, ora che casualmente c’è riuscita non è più sicura di volerlo tenere.

Infine abbiamo il venerdì ,un giorno speciale perché in questo caso è Paul ad essere il paziente, e Gina (Dianne Wiest) la sua psicologa, nonché ex amica e supervisore, dalla quale il dottore tornerà dopo anni di distacco per affrontare un momento cruciale e incerto della sua vita.

Partendo da questi elementi base lo spettatore viene trasportato nell’intimità di tutti i protagonisti, così episodio dopo episodio ,puntata dopo puntata gli strati più esterni della psiche dei pazienti viene strappata via, a volte senza rendersene conto,e le maschere esteriori –anche quelle inconscie- cadono, fino ad arrivare alle ferite più profonde e mai guarite, all’essenza pulsante della mente di ogni personaggio; e lentamente lo stesso Paul finisce per svelarsi fra le pieghe dei dialoghi e soprattutto durante gli avvincenti botta e risposta con Gina. Quello che ci viene mostrato in definitiva è come ognuno di noi ragioni e agisca secondo schemi legati ad esperienze del passato, a fatti o situazioni che seppur possono essere state dimenticati o considerati come insulsi, possono insinuarsi nelle fibre del nostro io psichico influenzando per non dire creando le nostre dinamiche comportamentali. E da qui sorgono inquietanti interrogativi:  “se la nostra mente ci porta a non essere coscienti di determinate cose, non è forse giusto che tali cose restino celate?” “illuminare zone di noi automaticamente messe in ombra, può veramente aiutarci a cambiare e soprattutto a cambiare in meglio?”. Sono domande che tormenteranno lo stesso Paul, senza trovare risposta univoca; tutti i pazienti usciranno cambiati dalla terapia, alcuni rinasceranno dalle ceneri, altri reggeranno a fatica il peso della verità,altri ,semplicemente, cercheranno di conviverci.

 

Andiamo alla critica vera e pura. Penso si sia intuito che la serie mi è piaciuta parecchio, innanzitutto per l’idea e l’impostazione assolutamente d’avanguardia. In Treatment nasce e si struttura con poco, dal punto di vista formale, ma ha la sua forza e le sue ossa nella sottigliezza dei dialoghi e soprattutto nelle interpretazioni degli attori – che restano un aspetto fondamentale per la riuscita dell’ingranaggio-. E qui apro la solita parentesi in cui sbrigativamente elogio gli attori della televisione americana. Una cosa simile è assolutamente impensabile qui in Italia e non solo  per l’idea in se stessa che qui non verrebbe prodotta neanche sotto minaccia ma perché sfido a trovare attori che rendano –come fanno i protagonisti di In Treatment – le loro gioie e i loro turbamenti in modo così realistico. Certo non abbiamo semplici star televisive; fatta eccezione per la brava Melissa George per Blair Underwood e per Michelle Forbes (che interpreta la moglie di Paul), gli altri sono tutti veterani del grande schermo, con un Gabriel Byrne impeccabile,  Josh Charles  che da “L’attimo fuggente” (e alcune apparizioni in tv) torna in ottima forma,una Embeth Davidtz  (Schindler’s List, L’uomo bicentenario , Junebug) che io ho trovato a dir poco mozzafiato e poi la grandissima Diane Wiest  (“Pallottole su Brodway” di Woody Allen.) che tiene ampiamente testa al protagonista. Mia Wasikowska, che forse è la sorpresa più grande dello show e con la cui interpretazione è veramente impossibile restare impassibili, sta invece iniziando una carriera cinematografica  (sarà probabilmente l’Alice di Tim Burton nella sua prossima versione di Alice nel paese delle meraviglie) e diciamolo, questi signori,  dimostrano ampiamente come al solito il cinema dei grandi nomi dia poco spazio se non nessuno a grandi professionisti (che si rifanno appunto o in tv o nel cinema indipendente). Detto questo la serie ha ovviamente i suoi difetti, molti dei quali in realtà sono legati alla sua stessa natura; lasciando perdere la presunta ossessione del HBO per la terapia che è una critica che lascia il tempo che trova, i problemi nascono innanzitutto da tutta l’impalcatura della serie, così sperimentale da poter sopravvivere solo su un canale satellitare, non sempre facile da seguire, soprattutto all’inizio quando i continui campo-controcampo dei protagonisti diventano a dir poco asfissianti per lo spettatore, e solo dopo la prima “settimana di terapia” ci comincia a essere presi dallo show. In un epoca in cui prolificano procedurali alla CSI e Cold Case, in cui anche serie ben più movimentate e d’azione come Lost hanno cali d’ascolti per la difficoltà di seguire lo svilupparsi della trama, seguire una serie come In Treatment, con i suoi ben 43 episodi trasmessi cinque giorni a settimana per otto settimane e mezzo non solo non è facile ma è una pretesa quasi eccessiva da parte della stessa HBO. Per chi ce la fa (e sono stati in molti) l’esperienza è unica.

 

In definitiva:  Assolutamente non per tutti ma assolutamente non per pochi. Cosa aspettate a cominciare il trattamento??

 

VOTO: 8.8

 

SITO UFFICIALE: http://www.hbo.com/intreatment/

 

Curiosità

 

La serie è prodotta dall’attore Mark Wahlberg (E  venne il giorno)

 

Personalmente il Lunedì e il Martedì mi hanno sempre preso poco ma dal Mercoledì in poi le puntate sono sempre state imperdibili.

 

La serie verrà trasmessa in Italia sul canale satellitare Cult (che ha già trasmesso le stagioni inedite de "I Soprano" e "Six feet under" sempre HBO)

 

In Treatment doveva essere una delle tre novità HBO dell’anno 2007/2008  insieme alla serie "12 miles of bad road" con la brava Lily Tomlin che però a causa dello sciopero degli sceneggiatori è rimasta incompleta e senza un canale che l’abbia mai trasmessa, e insieme a "Tell me you love me" serie che ho recensito mesi fa e che,come avevo detto, era stata riconfermata per una 2° stagione senonchè la sua creatrice Cynthia Mort ha dichiarato di non avere più idea di come farla andare avanti, e la serie è stata così bellamente cancellata (non commento sulla serietà della suddetta Mort)

 

Un pluaso fa ovviamente all’originale israeliano (io di solito sono contrario ai remake ma in questo caso sarebbe stato per me impossibile seguire l’originale) e ai ragazzi del sito Italiansubit che hanno tradotto tutti gli episodi con estrema regolarità (nell’ultimo numero del magazine interattivo del sito c’è un interessante

speciale su In Treatment ,che però consiglio di leggere dopo aver visto la serie perché ci sono molti spoilers).

 

La serie è stata rinnovata con un numero leggermente inferiore di episodi rispetto alla prima stagione e con solo Gabriel Byrne e Dianne Wiest riconfermati.

 

 

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Qui sopra il cast originale di Betipul

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